Provenzano: “Ambiguità nel silenzio della premier su Orbán, così indebolisce il Paese”

ROMA – «L’attacco a Repubblica è un fatto molto grave, il teorico della “democrazia illiberale” non può dare lezioni di libera stampa», accusa Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd. «Da uomo delle istituzioni sento il dovere di esprimervi massima solidarietà. Avrebbe dovuto farlo innanzitutto il governo italiano».
Invece Meloni tace. Come ha taciuto su quanto detto dal premier ungherese a Repubblica e sui contenuti del bilaterale a palazzo Chigi. È solo per imbarazzo?
«Orbán è venuto qui per attaccare non solo l’Europa, ma cittadini italiani come Ilaria Salis e il vostro giornalista. Meloni condivide queste aggressioni? Non è dato sapere perché, come ha confessato a Trump, lei non parla con i media. E infatti non ha neppure tenuto la conferenza stampa che di solito conclude i bilaterali, una prassi che ha infranto da tempo. L’unica notizia uscita da Chigi è che Italia e Ungheria collaboreranno sul Safe, lo strumento europeo per la difesa comune».
Ed è una cattiva notizia?
«Noi del Pse siamo sempre stati a favore perché è il solo strumento che prevede un embrione di cooperazione industriale per la difesa europea. Ma mi chiedo: in una fase geopolitica tanto delicata, con Orbán che fa il portavoce del Cremlino in Europa, siamo sicuri che la cooperazione si debba avviare proprio con l’Ungheria? La mancanza di trasparenza da parte del governo è preoccupante».
Come si concilia la vicinanza a Orbán con le dichiarazioni di Crosetto per cui l’Italia è fra i Paesi più a rischio di infiltrazione russa?
«Se cerchiamo le infiltrazioni russe, il ministro le può trovare all’interno del suo Cdm dove siede la Lega, che ha un segretario e un vicesegretario amici di Putin dichiarati. Ma ancor più inquietante è il passaggio in cui Crosetto parla di insospettabili corrotti dal Cremlino. Di fronte alla gravità di queste affermazioni un servitore dello Stato come lui ha il dovere di uscire dalla vaghezza e dire quello che sa nelle sedi opportune, che non è un libro, ma forse la procura della Repubblica e sicuramente il Parlamento».
Orbán ha detto che l’Europa non conta nulla. Meloni avrebbe dovuto prendere le distanze?
«Certo, perché è emerso un messaggio di fondo: la messa in discussione del progetto europeo. Ma Meloni il favore a Orbán l’ha già fatto quando l’altro giorno in Parlamento si è elevata a paladina del diritto di veto in Europa. Un’arma di ricatto formidabile in mano al presidente filoputiniano di un piccolo Stato che punta alla disgregazione della Ue. Smentendo oltretutto il ministro degli Esteri Tajani che in Europa aveva chiesto il superamento dell’unanimità».
Tajani però è intervenuto per ribadire che l’Italia ha una posizione diversa rispetto all’Ungheria.
«Sì, però poi Salvini ha ricevuto con tutti gli onori Orbán al ministero dei Trasporti. Se due vicepremier dicono cose opposte, la premier non può tacere. O chiarisce qual è la posizione del governo o, in un Paese normale, non c’è più una maggioranza. Qua non si discute di affitti brevi, ma della collocazione dell’Italia in Europa e dell’Europa nel mondo».
Teme che questa visita preluda a un disimpegno italiano su Kiev?
«Entriamo nella fase più delicata del conflitto. Putin ha usato la rilegittimazione internazionale ricevuta in Alaska per martoriare ancora di più l’Ucraina. Si prospetta un negoziato sulla testa non solo di Zelensky, ma degli europei. Se vogliamo essere al tavolo per costruire una pace giusta dobbiamo essere compatti: con la Ue non con Orbán che è la quinta colonna della Russia in Ue. Non gli si può consentire di fare propaganda. Se un vicepremier gli batte le mani non è una scaramuccia fra alleati, è un problema di credibilità dell’Italia».
A che gioco sta giocando Meloni?
«Ha adottato un’ambiguità strategica che alla fine indebolisce l’Italia. Sul quadro finanziario europeo, sulle scelte di solidarietà che riguardino i migranti o gli investimenti comuni, l’Ungheria sta all’opposto del nostro interesse nazionale. È il classico giochino dei sovranisti: accusare l’Europa di immobilismo ma essere essi stessi, coi loro egoismi nazionali, la causa dell’immobilismo. È il circolo vizioso che rende irrilevante l’Ue».
Orbàn sta ricostruendo l’asse di Visegrad. La premier cederà al richiamo della foresta?
«Mi auguro di no. Il gruppo di Visegrad, che si riunisce nel segno del filo-putinismo, è un pericolo per la sicurezza europea e il principale ostacolo all’integrazione. Ecco perché ora la presidente del Consiglio deve rispondere con chiarezza: per lei l’Europa è inutile, o il luogo dove far valere il nostro interesse nazionale? È una questione su cui non possono metterci silenzi».
La Repubblica




